Il termine sanscrito Vṛtti viene usualmente tradotto come fluttuazioni mentali, ma significa anche: condizione, stato, umore, disposizione, comportamento e, infine, onda e dipendenza. Se cominciamo a vedere le fluttuazioni mentali attraverso queste due ultime sfumature, ovvero onda e dipendenza, riusciremo sicuramente meglio a capire il meccanismo d’innesco delle dinamiche pulsionali (Bhāvana).
Immaginiamo ora un episodio in cui eravamo sereni ed in equilibrio ed è sopraggiunto un fattore esterno a turbare gli equilibri. Ebbene a causa di quell’evento inizia a montare la Vṛtti, per esempio un’arrabbiatura. Il termine Vṛtti è usato spesso da Patañjali; mentre in ambienti tantrici sono maggiormente usati i termini Bhāva (emozione) e Rasa (gusto o sentimento), ma questi li vedremo in futuro parlando del Rasavāda in Abhinavagupta. Torniamo all’onda che monta, la sentiamo salire dentro di noi e ci rendiamo conto che a volte è una mera questione di forza evitare di farla esplodere.
Naturalmente resistere nel senso non di reprimere, bensì di non caderne preda. Se siamo inclini ad un meccanismo in cui riconfermiamo certe dinamiche (Vāsanā) allora per noi Vṛtti prende il sapore di una disposizione, per esempio essere inclini alla rabbia, così come allo scoramento, all’insofferenza, al rancore, alla delusione, etc. Ovviamente parliamo delle accezioni negative perchè è più urgente scioglierle.
Torniamo a Vṛtti, l’onda pulsionale monta, e se non siamo abituati a fare spazio tra noi ed i contenuti mentali (meditazione), come sale ne veniamo sopraffatti e l’inconscio ha la meglio: ci identifichiamo con essa. Non canalizzare tale meccanismo alla lunga crea schiavitù, nessuno ci rende schiavi se non noi stessi e le nostre abitudini. Nel momento in cui un’onda pulsionale monta, dobbiamo imparare a fare un passo indietro con l’attenzione, ossia concentrarci sullo stato di equilibrio antecedente ad essa piuttosto che sul suo salire. Se riusciamo a farlo ci troveremo nel bel mezzo di un duplice evento: da una parte la Vṛtti e dall’altra la calma (Samāta) che la precedeva, entrambi attive ma non totali. Se riusciamo ad avere tale doppia esperienza contemporaneamente, cosa che in termini psicanalitici è definito come uno stato transitorio non patologico di scissione, siamo a cavallo: possiamo cavalcare l’onda.
Tutto il meccanismo di controllo giace in quel fare spazio all’inizio prima che avvenga l’identificazione. Se riusciamo a fare surfing sulle pulsioni, possiamo lenire la forza distruttiva nei rapporti sociali, nella visione di noi, nella relazione con il cibo e con le sostanze, divenendo a tutti gli effetti dei Tāntrika. Chi è libero dalla dipendenza cieca gode della forza esplosiva dell’Inconscio senza esserne travolto/a.
Oṁ Śāntiḥ
The Sanskrit term Vṛtti is usually translated as mental fluctuations, but it also means: condition, state, mood, disposition, behavior and, finally, wave and addiction. If we begin to see mental fluctuations through these last two nuances, namely wave and dependence, we will certainly be able to better understand the trigger mechanism of drive dynamics (Bhāvana).
Now let’s imagine an episode in which we were serene and in balance and an external factor has come up to disturb the balance. Well, because of that event, Vṛtti begins to mount, for example an anger. The term Vṛtti is often used by Patañjali; while in tantric environments the terms Bhāva (emotion) and Rasa (taste or feeling) are mostly used, but we will see these in the future speaking of Rasavāda in Abhinavagupta. Let’s go back to the wave that rises, we feel it rising inside us and we realize that sometimes it is a mere question of strength to avoid making it explode.
Of course, resist in the sense not of repressing, but of not falling prey to it. If we are inclined to a mechanism in which we reconfirm certain dynamics (Vāsanā) then for us Vṛtti it takes the flavor of a disposition, for example to be prone to anger, as well as to discouragement, intolerance, resentment, disappointment, etc. Obviously we are talking about negative meanings because it is more urgent to dissolve them.
Let’s go back to Vṛtti, the impulse wave mounts, and if we are not used to making space between ourselves and the mental contents (meditation), as it rises we are overwhelmed and the unconscious prevails: we identify with it. Not channeling this mechanism creates slavery in the long run, nobody makes us slaves but ourselves and our habits. When a drive wave mounts, we must learn to take a step back with our attention, that is, concentrate on the state of equilibrium before it rather than on its rise. If we manage to do this we will find ourselves in the midst of a double event: on one side the Vṛtti and on the other the calm (Samāta) that preceded it, both active but not total. If we manage to have this double experience at the same time, which in psychoanalytic terms is defined as a transitory non-pathological state of splitting, we are on horseback: we can ride the wave.
The whole control mechanism lies in that making room at the beginning before identification takes place. If we can surf the drives, we can soothe their destructive force in social relationships, in our vision of ourselves, in the relationship with food and substances, becoming in effect the Tāntrika.Those who are free from blind addiction enjoy the explosive power of the Unconscious without being overwhelmed by it.
Oṁ Śāntiḥ
Scritto da Luca Vincenzini
Ha visto sbocciare la sua passione per l’India nel 1990 con la lettura del libro: ”Dove stai andando?” di Svāmī Muktānanda. Ha seguito alla Sapienza di Roma i corsi di profondi conoscitori della cultura orientale, quali: Raffaele Torella e Fabio Scialpi (Sanscrito e Filosofia dell’India), Corrado Pensa (Buddhismo), Giuliano Bertuccioli (Lingua e Letteratura Cinese) e Walter Balducci (Antropologia Culturale); ha studiato alla PUG di Roma: Filosofia Medievale, Metafisica e Fenomenologia. Ivi ha terminato gli studi accademici laureandosi in Fenomenologia della Religione con il fenomenologo Giovanni Magnani, lo storico delle religioni Michael Fuss e l’esperto di buddhismo Jesus Lopez-Gay. Facendo definitivamente del dialogo interreligioso la sua passione, ha difeso una tesi di comparazione fenomenologica tra: Śaṅkarācārya, San Tommaso d’Aquino ed il maestro Zen Hisamatsu, che gli è valsa la lode accademica (cum laude). Ha collaborato con diverse associazioni, principalmente di stampo devozionale (Bhakta): induiste, buddhiste e mistiche cristiane, approfondendone i contenuti pratici e speculativi, studiando e suonando per 15 anni le percussioni indiane (Mṛdaṅga e Tablā con Arjun Bhatt, prima, ed un suo allievo italiano: Nicola Artico, dopo). Ha incontrato diversi personaggi di spicco della spiritualità contemporanea con i quali ha praticato in corsi pubblici e privati: XIV° Dalai Lama Tenzin Gyatso, Madre Teresa di Calcutta, Gurumayi Cidvilāsānanda, Thich Nhat Hanh, Amṛtānanda (Amma), Ajhan Sumedho, Mother Meera, Namkai Norbu, Babu Rao, Svāmī Mahādevānanda, Master Choa Kok Sui, Anthony Elenjimittam (ovvero Bhikṣu Iṣabodhānanda discepolo diretto del Mahātma Gandhi), Mariano Ballester (padre gesuita, profondo conoscitore di meditazione e mistica cristiana), Śrī Vivek Godbole, Ajhan Thanavaro, David Knoll ed Amadio Bianchi (Svāmī Suryānanda Sarasvatī) con il quale studia Āyurveda. Negli anni ha approfondito lo Śivaismo Kaśmīro nella quale prospettiva ha pubblicato il testo: “Tantra e Scienze Moderne. Filosofia dell’India a dialogo con neuroscienze, fisica quantistica, astrofisica, psicologia del profondo e logica metafisica”.