Gli otto passi dello yoga terza parte
- 7 Luglio 2016
- Autore: Matteo Ragusa
- Categorie: Filosofia
Dopo aver visto nel particolare Gli Yama e i Niyama passiamo agli altri passi che indica Patanjali nella sua mappa per la realizzazione.
III. Asana (posture del corpo)
Asana è la pratica di posture fisiche. E’ l’aspetto più comunemente noto dello yoga per chi non conosce gli altri sette rami degli Yoga Sutra di Patanjali. La pratica di muovere il corpo in posture ha benefici diffusi; di questi i più immediati sono la salute, la forza, l’equilibrio e la flessibilità. Su un livello più profondo la pratica degli asana, che significa “rimanere” in sanscrito, è usato come strumento per calmare la mente e spostare l’essenza interiore dell’essere. La sfida di eseguire la postura e rimanere fermo offre al praticante la possibilità di esplorare e controllare tutti gli aspetti delle sue emozioni, la concentrazione, l’intenzione, la fede e l’unità tra il fisico e il corpo eterico. Infatti, utilizzando gli asana si allena il corpo ad aprirsi e legarsi a tutti gli elementi della natura, le forze che plasmano la nostra vita attraverso le nostre interazioni con il mondo fisico. Gli Asana diventano allora un modo di esplorare i nostri atteggiamenti mentali e rafforzare la nostra volontà impariamo a lasciar andare ed entrare nella grazia, questo è quello che ci accade quando siamo in equilibrio tra il nostro mondo materiale e la nostra esperienza spirituale.
La pratica degli asana favorisce un acquietamento della mente, diventa così sia una preparazione per la meditazione che una meditazione in sé. Rilasciando il flusso e la forza interiore che si sviluppa favorisce uno sviluppo spirituale dal profondo del corpo. La fisicità delle posture yoga diventa un veicolo per espandere la coscienza che pervade ogni aspetto del nostro nostro corpo. La chiave per favorire l’espansione di consapevolezza e coscienza comincia con il controllo del respiro, la quarta parte – Pranayama. Patanjali suggerisce che l’asana e le pratiche di pranayama favoriranno lo stato desiderato di salute; il controllo del respiro e le posture del corpo armonizzeranno il flusso di energia nell’organismo, creando così un campo fertile per l’evoluzione dello spirito.
IV. Pranayama (controllo del respiro)
Il Pranayama è la misurazione, il controllo e la regia del respiro. Pranayama controlla l’energia (prana) all’interno dell’organismo, al fine di ripristinare e mantenere la salute e di promuovere l’evoluzione. Quando il respiro inalante si unisce con il respiro esalante, provoca un perfetto equilibrio, tutto il corpo è in pace compresa la mente. Nello yoga, mettiamo attenzione al bilanciamento dei flussi di forze vitali, poi dovremmo indirizzare l’energia verso l’interno al sistema dei chakra e verso l’alto per il chakra della corona.
Il Pranayama, o tecniche di respirazione, è molto importante nello yoga. Va di pari passo con gli asana o posture. Negli Yoga Sutra, le pratiche di pranayama e asana sono considerate la più alta forma di purificazione e auto-disciplina per la mente e il corpo. Le pratiche producono la sensazione fisica effettiva del calore, chiamato tapas, o il fuoco interno della purificazione. Viene insegnato che questo calore è parte del processo di purificazione delle nadi, o canali super sottili del corpo. Questo permette una vita più salutare e permette alla mente di diventare più calma. Come lo yogi segue gli appositi modelli ritmici di lenta respirazione profonda.
V. Pratyahara (controllo dei sensi)
Pratyahara significa tirarsi indietro o ritirata. La parola ahara sta per “nutrimento”; pratyahara possiamo tradurlo “ritirarsi in se stessi da ciò che nutre i sensi.” Nello yoga, il termine pratyahara implica ritiro dei sensi dall’attaccamento agli oggetti esterni. Può quindi essere visto come la pratica del non-attaccamento alle distrazioni sensoriali e torniamo al percorso di realizzazione di sé e al raggiungimento della pace interiore.
Pratyahara avviene quasi automaticamente quando meditiamo perché siamo così assorbiti nell’oggetto della meditazione. Proprio perché la mente è così concentrata, i sensi la seguono seguono e non avviene il contrario.
Non funzionando più nel loro solito modo, i sensi diventano straordinariamente acuti. In circostanze normali i sensi diventano i nostri maestri, piuttosto che essere i nostri servitori. I sensi ci invitano a sviluppare il desiderio di ogni genere di cose. Nel pratyahara si verifica il contrario: quando dobbiamo mangiare si mangia, ma non perché abbiamo un desiderio per il cibo. In pratyahara cerchiamo di mettere i sensi al loro posto, ma non li tagliamo fuori delle nostre azioni interamente.
Una persona che è influenzata dagli eventi esterni e dalle sensazioni non potrà mai raggiungere la pace interiore e la tranquillità. Questo è perché lui o lei sprecherà molta energia mentale e fisica nel tentativo di reprimere le sensazioni indesiderate e ad aumentare altre sensazioni. Questo finirà per provocare uno squilibrio fisico o mentale, e, in molti casi, causare malattia.
Patanjali dice che tutto questo è alla radice dell’infelicità umana e del disagio e nei suo otto passi dello yoga mostra la via per allontanarsi da questa schiavitù dei sensi. Quando le persone si avvicinano allo yoga, sperando di trovare quella pace interiore che è così sfuggente, scoprono che è stata con loro per tutto il tempo. In un certo senso, lo yoga non è altro che un processo che ci permette di fermarci e guardare i processi della nostra mente. Solo in questo modo possiamo comprendere la natura della felicità e infelicità e quindi superare il confine.